La mattina era iniziata con una pioggerella fine e fitta che bagnava i vetri della finestra della sua cameretta. Lavinia amava la pioggia, il suo odore così intenso e forte, la brezza che portava con sé, ma ancora di più le piaceva starsene al calduccio nella sua adorata mansarda a guardare fuori il mondo che si muoveva.
Ci passerei ore intere, da questa finestra immagino, creo, sogno e mi stupisco ogni giorno.
Un passante che correva per ripararsi sotto il tetto di una casa, una signora in bicicletta che tentava buffamente di destreggiarsi con un ombrello tra le mani, dei bambini che urlavano sotto la pioggia perché non volevano andare a scuola.
Lavinia era divertita, sognava di essere là fuori e si immedesimava in loro, ma non li invidiava, quel mattino stava davvero bene al calduccio nella sua camera. Aveva acceso la sua candela della buonanotte – la chiamava così perché la teneva accesa fino a tarda sera e le piaceva l’atmosfera che creava.
“Tesoro a cosa pensi?” – le disse la madre vedendola assorta tra mille pensieri. Lavinia guardava incantata dalla finestrella in legno dove si appoggiavano leggere minuscole gocce d’acqua. “Nulla mamma, mi divertivo a guardare là fuori, in pochi minuti ho visto quanto basta per farne una storia comica” – e con il dito le indicava il parco e la città che si intravedeva dalla sua camera.
Quella mansarda era il suo rifugio segreto – o almeno lei credeva fosse segreto – quel luogo magico dove Lavinia passava spesso interi pomeriggi a leggere, disegnare, osservare i passanti e scrivere quello che le passava per la mente.
Ognuno di noi dovrebbe avere un posto del cuore, segreto a tutto il mondo. Questo è il mio e qui mi sento al sicuro, protetta dal mondo intero.
“A volte mi perdo a guardarla senza che se ne accorga e riesco a rivedere una piccola parte di me, mi assomiglia davvero nel suo modo di osservare il modo, sognare, creare” – ripeteva spesso al marito.
Lavinia era un fiume in piena di emozioni e fantasia, nessuno riusciva a fermarla, nemmeno il freddo delle giornate che l’autunno portava con sé.
Amava la natura, più di ogni altra cosa al mondo, amava i suoi colori e profumi così perfetti e delicati, diversi tra loro, ma simili.
L”autunno per lei era una stagione particolarmente bella, perché tra una giornata di pioggia e una di sole poteva correre nel giardino tra le foglie secche e colorate, sentirne il profumo ed il rumore sotto le scarpe. Amava raccogliere castagne nel boschetto vicino a casa, creare insieme alla mamma centri tavola con pigne, zucche e bacche.
Esiste qualcosa di più entusiasmante del profumo delle caldarroste ancora calde?
Insieme con la mamma passava pomeriggi interi a cogliere castagne e poi cucinare frittelle o torte deliziose e calde. La cucina diventava il loro posto del cuore, dove stare per ore a parlare e inventare ricette, immaginare insieme storie impossibili ed aspettare che il profumo dei dolci investisse la casa di un aroma unico e inconfondibile.
Ecco, lei era così, una bambina di soli cinque anni che si riusciva ad emozionarsi per le piccole cose che la terra regalava, senza chiedere niente in cambio, se non rispetto ed amore.
La natura, io credo sia il dono più prezioso al mondo, come si fa a non amarla?
E la madre, ogni giorno guardandola, ringraziava il cielo di avere una figlia come lei, era il suo piccolo grande orgoglio, la sua versione in miniatura, la bambina che aveva dentro di lei da anni e che spesso suo malgrado non era riuscita ad essere.